Buongiorno Viaggiatori!
Come promesso oggi articolo recensione. Qualche giorno fa ho finito di leggere uno dei libri che aspettavo da tempo ovvero Le assaggiatrici di Rosella Postorino. Inauguriamo quindi la settimana con questo bellissimo libro.
Uscito il mese scorso è stato il primo libro del 2018 pubblicato da Feltrinelli. Ancora prima che arrivasse nelle librerie, ne ho sentito molto parlare. Partendo dal presupposto che temi di questo genere mi piacciono particolarmente, non ho saputo resistere e l’ho acquistato forse una settimana dopo la sua uscita in libreria.
La vicenda narra la storia di Margot Wölk, l’unica assaggiatrice di Hitler ancora in vita,che a 96 anni decide di rendere pubblica la sua esperienza. L’autrice fa delle ricerche su di lei e ne tira fuori un romanzo che toglie il fiato.
Siamo nel ’43. La protagonista è Rosa Sauer, una ragazza tedesca come tante altre, che sta vivendo gli orrori della guerra: costretta a lasciare Berlino, si è rifugiata in un villaggio a casa dei suoceri, suo marito combatte sul fronte russo e lei cerca di condurre una vita normale, nonostante il mondo intorno a lei si stia lentamente sgretolando. Subito dopo il suo trasferimento viene chiamata a lavorare come assaggiatrice al cospetto di Hitler. Tutti i giorni, scortata dalle SS, viene condotta nella mensa della caserma di Krausendorf dove l’aspettano tre pasti che la fanno sopravvivere ma che potrebbero ucciderla in un secondo. Dopo il pasto, le assaggiatrici, in tutto 10, devono restare in osservazione per un’ora, sotto lo sguardo vigile delle SS, per scongiurare la presenza di veleno nel cibo che sarà destinato poi al Führer.
Non voglio anticiparvi troppi dettagli ma alcuni spunti di riflessione sono doverosi.
Innanzitutto, fin da subito, l’autrice ci pone davanti ad una domanda esistenziale: fin dove ci si può spingere per sopravvivere? La nostra protagonista si mette a servizio di un dittatore che sta distruggendo le vite delle persone e il loro futuro; la stessa Rosa rischia di morire ogni volta che il suo corpo riceve un boccone di quel cibo che potrebbe essere avvelenato. Accetta di fare da cavia, mette definitivamente la sua vita nelle mani di qualcun’altro, come se non fosse già abbastanza in pericolo.
Tanti sono gli eventi che accadono nel corso del romanzo e tutti, bene o male, hanno delle conseguenze significative nella vita dei protagonisti. Uno tra tutti è la notizia che il marito della protagonista risulta disperso. Questo influenza negativamente l’umore di Rosa e delle persone con cui vive.
L’intero romanzo è pervaso da un senso di nostalgia e speranza. Nostalgia per quello che è stato e speranza nel futuro. Molto spesso la protagonista si abbandona ai ricordi di quando era piccola o di quando suo marito era accanto a lei. Intanto la sua vita in caserma continua. Cerca di stringere amicizia con le altre assaggiatrici nonostante a parole sia difficile: sono tutte molto turbate e tendono a chiudersi in sé stesse. Saranno gli eventi, ancora una volta, a farle avvicinare anche se alcune di loro, una in particolare, non gradiscono compagnia. Spesso Rosa si interroga sul senso di tutto questo. A volte si fa strada anche il desiderio di morire, grazie al cibo che dovrebbe tenerla in vita.
A dispetto della situazione proibitiva e critica in cui si trova la protagonista, i suoi sentimenti non tardano ad arrivare. La guerra, per quanto abbia modificato in modo irreversibile i comportamenti e le vite delle persone, non ha cancellato del tutto la loro umanità, il loro bisogno di amicizia, conforto, amore. Ed è proprio questo bisogno che le spinge a legarsi ad altre persone, a volere il loro sostegno, il loro conforto nei momenti difficili, a cercare amore anche in un mondo intriso di odio.
Trovo che ci sia un forte contrasto tra bene e male: uno rappresentato dalla vita quotidiana che scorre e dai sentimenti che la caratterizzano; l’altro ha la forma del nemico, della guerra, dell’odio, dell’inimicizia e della sfiducia. Ci si chiede in continuazione cosa sia giusto e cosa sia sbagliato in un’esistenza come quella. Ci si chiede se fidarsi oppure no delle persone: quante di loro sono pronte a tradirti appena girato l’angolo? L’autrice pone l’accento sugli interrogativi principali della vita di ogni essere umano, in questo caso amplificati dall’insicurezza della vita stessa. Ogni domanda avrà, alla fine del romanzo, la sua risposta.
Il finale è sicuramente inaspettato e proprio per questo forse, avrebbe dovuto essere contestualizzato meglio. Nonostante il messaggio che l’autrice vuole mandare sia molto forte, la situazione descritta, che ruota attorno a tanti sentimenti, non mi ha convinta del tutto. La morale è chiara e travolge il lettore all’improvviso. Una volta chiuso il libro ho sentito una sensazione strana, come se fossi persa anche io, proprio come la protagonista. Tante volte ho provato questa sensazione eppure in questo caso è stata diversa per tanti motivi: primo tra tutti la consapevolezza che quanto narrato è reale, fa parte della nostra storia, della nostra esistenza e ha cambiato profondamente le vite di tante persone; in secondo luogo la criticità di tutta la vicenda narrata e le sensazioni che l’hanno pervasa dall’inizio alla fine. Ecco, nel finale qualcosa cambia: la speranza cede il posto alla rassegnazione, ad un senso di solitudine e smarrimento.
Per quanto riguarda lo stile, credo che sia scritto molto bene, è scorrevole nonostante i temi trattati non siano leggeri da affrontare. Inoltre vorrei elogiare il fatto che la scrittrice abbia voluto farci conoscere un aspetto della vita in quegli anni, diverso da quello che ci viene presentato di solito: di norma, al centro della narrazione troviamo la storia e le sofferenze dei deportati nei campi di concentramento; in questo caso invece le vicende sono ambientate nella caserma di Hitler e, più in particolare, nella sala mensa; la protagonista non è una deportata ma, costretta a lavorare per Hitler, rischia a modo suo la vita ogni giorno senza necessariamente essere salita su un treno verso la morte.
“Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame.”
“Spio le persone sedute, anche se da questa distanza non vedo bene. Chissà se qualcun altro mangia quel che mangio io, stasera. Sbircio le portate di tutti e infine la trovo: una ragazza bruna, i capelli raccolti in una coda, mangia con gusto la sua porzione di fagiolini. Ne prendo una forchettata dal mio piatto, assaggio, e sento il battito rallentare. Bocconi misurati, uno dopo l’altro, finché lo stomaco non tira. Una lieve nausea, non è niente. Appoggio le mani sulla pancia, la saldo. Resto così, ferma, seduta, non c’è quasi nessuno, si sente giusto un leggero brusio. Aspetto un po’, forse un’ora, poi mi alzo.”
–Elaysa–
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