Destinazione…La Fattoria degli Animali

Buongiorno Viaggiatori! 

Eccomi di nuovo qui con una recensione che vi avevo anticipato qualche giorno fa su Instagram ovvero quella del libro La fattoria degli Animali di George Orwell.

Era nella mia libreria da molto tempo: avevo deciso di acquistarlo quando mi sono innamorata dell’autore e di 1984, ma nel tempo ho sempre dato precedenza ad altre letture, e la povera Fattoria degli Animali era rimasta lì ad aspettare. L’ho terminato (divorato in due giorni) e ho iniziato subito a riflettere su ciò che avevo appena letto.

La vicenda si svolge all’interno della Fattoria Padronale posseduta dal signor Jones. Un giorno però, qualcosa cambia: gli animali, stufi della schiavitù imposta dal loro padrone, del troppo lavoro e del poco cibo, decidono di organizzare una rivolta con la quale cacciano il padrone. Da quel momento la fattoria si chiamerà Fattoria degli Animali. La gestione spetta esclusivamente a loro, in particolare ai maiali, considerati intelligenti e adatti per il ruolo di proprietari. Tutto sembra andare per il meglio inizialmente: gli animali erano soddisfatti, collaboravano e addirittura riuscirono ad aumentare le risorse. Furono stabilite delle regole secondo le quali nessun uomo avrebbe dovuto varcare il cancello della fattoria; tutti gli animali erano uguali; nessuno avrebbe ucciso un altro animale né usufruito delle comodità degli umani. Per questi motivi, buttarono tutti gli oggetti appartenuti al signor Jones e si misero all’opera per migliorare la loro condizione di vita alla fattoria. Le cose però non andarono esattamente come previste: molto presto infatti iniziarono i primi litigi riguardo la gestione della proprietà; le prime supremazie da parte dei maiali che si sentivano superiori agli altri animali. I primi tradimenti da parte di alcuni degli animali che, voltarono le spalle alla fattoria. Insomma, non ci furono né il benessere né la pace che ci si era aspettati da questo cambiamento e le cose peggiorarono sempre di più.

Anche in questo caso, non volendo anticiparvi nulla, non mi dilungo troppo col descrivere la vicenda vera e propria del libro. Procedo quindi con l’idea che mi sono fatta del romanzo.

Innanzitutto, me lo aspettavo più complesso sia dal punto di vista della trama sia da quello del linguaggio. Sicuramente questa mia idea iniziale è derivata dalla lettura di 1984, che, a mio parere, è tutta un’altra storia. Nonostante la semplicità narrativa, il ritmo è veloce: ogni pagina presenta un evento che cambia momentaneamente gli equilibri della fattoria.

Il messaggio di fondo infine è molto forte ed importante. Il lettore è costretto a riflettere e, finita la lettura, si renderà conto che questo romanzo è uno specchio fedele della società odierna. C’è sempre chi comanda, chi fa valere sugli altri il proprio potere spesso esagerando. Sul momento, un cambiamento potrà essere apprezzato ma, col tempo, ci si accorgerà che in realtà niente è cambiato. Ogni società che si rispetti ha bisogno di un capo che sappia guidare la popolazione senza però opprimere. E’ un’utopia pensare ad una società in cui tutti siano effettivamente uguali: diventerebbe anarchia, in cui ognuno guarderebbe ai propri interessi e non al benessere generale.

E’ di vitale importanza, per una comunità, avere qualcuno che faccia da guida. Il problema si pone quando questa guida diventa in realtà un tiranno, un dittatore che imbroglia il suo popolo, cambiando le regole a suo favore e non rispettando gli ideali prefissi inizialmente.

Un aspetto che mi è rimasto impresso nella mente riguarda i rimandi che vengono fatti nel romanzo, alla dittatura, al regime nazista. Ad esempio, il maiale proprietario di tutto, è chiamato “Capo” e, attorno a lui, ha una schiera di animali che hanno il compito di proteggerlo e di assaggiare il suo cibo per testare l’eventuale presenza di veleno.

Ancora una volta Orwell ha colpito nel segno: il messaggio è chiaro e arriva al lettore senza che questo debba fare troppi sforzi per coglierlo, grazie anche ad uno stile narrativo semplice che conduce chi legge dritto alla meta.

Dubito che qualcuno di voi non abbia mai letto Orwell ma, se per caso così fosse, il mio consiglio è di iniziare dalla Fattoria degli Animali per poi passare a 1984.  I motivi? In primo luogo, 1984 è molto più articolato e, in certi momenti, difficile da comprendere. Inoltre, qui vengono descritti e analizzati tutti gli ideali dell’autore: si tratta quindi di un romanzo decisamente più completo. In ogni caso, sono entrambi consigliatissimi anche se il mio preferito resta comunque 1984. Ha lasciato dentro di me un segno indelebile, ha cambiato il mio modo di vedere le cose e di pensare a certi aspetti, apparentemente insignificanti, della nostra vita quotidiana.

 

Dall’esterno le creature volgevano lo sguardo dal maiale all’uomo, e dall’uomo al maiale, e ancora, dal maiale all’uomo: ma era già impossibile distinguere l’uno dall’altro.

 

Elaysa

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