Il Grande Gatsby – recensione

Buongiorno Viaggiatori! 

inizia un’altra settimana, bisogna iniziarla al meglio con una nuova recensione! 

Questa mattina vi parlerò de Il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald.

Il romanzo è stato pubblicato per la prima volta nel 1925 mentre la prima edizione italiana è del 1936. La vicenda è ambientata nel 1922, tra New York e Long Island, sulla costa orientale degli Stati Uniti.  Il romanzo vuole essere una rappresentazione della società e della vita degli anni ’20 del Novecento. Un’epoca intrisa di sfarzi e ricchezza, in cui l’unica cosa importante sono le cose materiali.

Per quanto riguarda la trama, è molto complessa, articolata ed è difficile parlarne senza rivelare eventi salienti del romanzo. Mi limiterò quindi a presentarvi i personaggi e presentarvi la vicenda in modo più vago possibile. 

Il protagonista principale è Jay Gatsby, un giovane molto ricco e potente, con un passato burrascoso, che vive in una sfarzosa villa nel West Egg. La vicenda ruota intorno alla vita travagliata di Jay e alle feste organizzate all’interno della sua residenza. Un aspetto molto importante del romanzo riguarda il narratore che, pur essendo interno, non coincide con il protagonista. Si tratta bensì di Nick Carraway, un giovane del Minnesota che, dopo la guerra ha deciso di trasferirsi a Long Island. Al momento è il vicino di casa di Gatsby. Sarà attraverso i suoi occhi che analizzeremo tutti i comportamenti, vivremo le emozioni e le sconfitte dei vari protagonisti. Oltre a Nick e Jay prendono parte alla vicenda anche tantissimi altri personaggi, ognuno con una propria personalità caratterizzata alla perfezione. Tra questi troviamo Daisy, la cugina di Nick, una ragazza di diciotto anni che,  pur essendo sposata con Tom, consapevole della sua bellezza, si lascia sedurre da molti uomini, Gatsby compreso. Poi c’è Jordan Baker, amica di Daisy, che ruberà il cuore di Nick. Infine ci sono le tantissime persone che frequentano la villa di Gatsby in occasione delle feste organizzate. Molte di queste persone non hanno nessun interesse nel condividere, socializzare e chiacchierare con gli ospiti e il padrone di casa. Questo aspetto, più volte sottolineato durante la narrazione, fa capire al lettore quale sia la realtà dei fatti: ci troviamo in un mondo “materiale” in cui il lato umano viene completamente ignorato. La partecipazione alle feste di Jay Gatsby è soltanto un espediente per affermarsi all’interno della società. Di conseguenza, tutti i personaggi, pur essendo nello stesso spazio si ritrovano soli, ognuno rinchiuso nel suo mondo. 

Il padrone di casa è esso stesso l’emblema della solitudine, pur essendo sempre circondato da moltissimi ospiti. Non partecipa mai alle feste che lui stesso organizza, si rifugia in un angolo e lascia che siano gli ospiti ad intrattenersi come meglio credono. L’unica persona con la quale ha un confronto è proprio Nick, il narratore nonché vicino di casa di Gatsby. Paradossalmente Gatsby rappresenta l’unico spiraglio di umanità in tutto il romanzo. Un uomo che, pur vivendo nello sfarzo, almeno apparentemente, dà ancora importanza ai sentimenti, all’amore e sarebbe anche disposto a morire pur di realizzare i suoi sogni e avere accanto la donna che desidera. La sua umanità però, non gli sarà sufficiente per riscattare un passato burrascoso e dare un senso alla sua esistenza. 

In un clima solo apparentemente festoso e rilassato, pagina dopo pagina si disgrega il mito americano fatto di ricchezza e spensieratezza. Emergono i lati oscuri della vita di tutti i personaggi, le loro debolezze, la loro infelicità. 

Emblematica è la scena finale in cui tutto si risolve, ancora una volta nella solitudine. 

Ho apprezzato tantissimo il wordbuilding di questo romanzo. Le descrizioni, minuziose e dettagliate, permettono al lettore di entrare nella vicenda, essere lui stesso un ospite di casa Gatsby e assaporare ogni sensazione, solitudine compresa. I personaggi sono molto ben caratterizzati. Devo dire che non ho amato particolarmente le figure di Daisy e Jordan, donne troppo frivole e superficiali. Fitzgerald ci dà una rappresentazione a 360 gradi della società dell’epoca, contraddittoria, materialista e priva di contenuti. Azzardo a dire che questo romanzo potrebbe essere stato scritto tranquillamente ai giorni nostri, non siamo poi tanto lontani da questa realtà.

Al contrario, non ho apprezzato la lentezza della narrazione. L’azione non sta tanto nelle azioni dei personaggi quanto nella loro caratterizzazione e reazione a ciò a che accade intorno a loro. Alcune parti sono state, per me, difficili da leggere per mancanza di avvenimenti. 

Ho assegnato 3 ⭐⭐⭐ a questo romanzo perché, in certi frangenti, la lentezza della narrazione ha penalizzato e compromesso molto la mia lettura e la mia voglia di proseguire. 

Indubbiamente però è una storia che va letta e apprezzata per la morale di fondo che racchiude. Un romanzo significativo per le riflessioni che fa scaturire nella mente di chi legge. 

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Elaysa

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