Buongiorno Viaggiatori!
Un amore feroce e claustrofobico, consumato fra stanze in penombra, strade immerse nella nebbia, teatri d’anatomia popolati dai fantasmi di un’ossessione.
Recita così la quarta di copertina del libro di cui sto per parlarvi.
Si tratta de Il morbo di Haggard di Patrick McGrath.
Edizione Adelphi; prezzo di copertina € 10,00.
Trovato per caso in libreria, curiosa di leggere altro di questo maestro dell’ambientazione gotica, non ho perso nemmeno un secondo e ho deciso di acquistarlo.
Finalmente è arrivato il momento! Finalmente sono qui a scrivere questa recensione che mi trascinavo dietro da ormai 3 settimane. Purtroppo, per un motivo o per l’altro, non avevo mai abbastanza tempo per riflettere su questa lettura e dedicarmi all’articolo come avrei voluto.
Quel sabato ero a Elgin, nel mio studio al piano di sopra, e osservavo il mare, ricordo, riflettendo su un verso di Goethe, quando la signora Gregor ha bussato alla porta per dire che in ambulatorio c’era un ragazzo che desiderava vedermi, un pilota. Sai come parla, lei.
“Un pilota, signora Gregor?” ho mormorato.
Odio che mi si disturbi il sabato pomeriggio, specie se Spike fa il diavolo a quattro, come appunto quel giorno […].
Il libro si apre con queste righe. Soltanto successivamente scopriremo che a parlare è il dottor Haggard, il protagonista di tutta la vicenda, nonché narratore principale. Ci accorgeremo, andando avanti, che il romanzo è concepito come se fosse un racconto indirizzato al pilota di cui sopra.
Chi sia questo pilota lo scopriamo immediatamente: si chiama James Vaughan ed è lì per parlare di sua madre.
A quanto pare, il dottor Haggard ha conosciuto la madre di questo ragazzo che, appunto, si presenta come James.
Eccoli, i tre personaggi principali di questo romanzo. A fare da filo conduttore c’è questa donna, madre di James, moglie di Ratcliff, medico dell’ospedale in cui lavora Edward Haggard, nonché sua amante.
Un incontro casuale tra i due fa scattare immediatamente la scintilla nel cuore del dottore che, incurante delle conseguenze, si lancerà in una ricerca disperata della donna in questione.
Sarà proprio successivamente ad un loro secondo incontro che la passione prenderà il sopravvento sui due amanti.
Ma si tratta davvero solamente di passione? O forse sarebbe più giusto chiamarla ossessione?
Tutto il libro è un susseguirsi di eventi, di riflessioni e di emozioni. L’autore, ancora una volta, ha dimostrato di saper padroneggiare alla perfezione una situazione complicata. La trama semplice è arricchita da continui colpi di scena che contribuiscono a creare aspettative che vengono, nella maggior parte dei casi, distrutte qualche pagina dopo.
C’è una grande cura dei dettagli, non solo nelle descrizioni degli ambienti. Una cura per le piccole cose, che però fanno la differenza.
L’atmosfera gotica in cui sono immersi tutti i personaggi, in particolare il protagonista, crea la suspense adatta per un romanzo introspettivo di questo genere.
La psiche dei personaggi costituisce il nucleo della vicenda. Una psiche debole e disturbata che non porterà a niente di buono.
McGrath è riuscito a descrivere in maniera impeccabile il dolore dell’anima. Un dolore che sono riuscita a provare, una sofferenza che mi ha permesso di empatizzare col protagonista, pur non condividendo la sua perversione.
Edward Haggard è la dimostrazione che il dolore dell’anima può essere estremamente invalidante, riuscendo addirittura a manifestarsi sul piano fisico. Il dolore viene personificato, il dolore, in questo caso, ha un nome.
Chi ha già letto altro di McGrath non troverà difficoltà nel riconoscere tratti tipici del suo stile. Per chi invece ancora non lo conoscesse, un consiglio: non iniziate da questo libro, potrebbe darvi un’impressione sbagliata della scrittura dell’autore.
Non si tratta di un libro facile. A tratti è crudo e violento, soprattutto nel finale. Per molte delle pagine che lo compongono avrete sicuramente la sensazione di non capire nulla, ma vi assicuro che poi capirete.
Ho vissuto la lettura di questo libro come se stessi costruendo un puzzle. E’ come se l’autore mi avesse messo difronte i pezzi centrali del puzzle e mi avesse chiesto di iniziare da questi, arrivando ai contorni soltanto successivamente. Un’impresa ardua senza dubbio, ma non impossibile.
Probabilmente sta proprio in questo la bravura di McGrath: riuscire a creare una storia da un piccolo dettaglio che, inizialmente, vi sembrerà insignificante.
Avrete notato che non vi ho detto praticamente nulla della trama. Il fatto è che, essendo un romanzo piuttosto breve (208 pagine), rischierei di guastare il piacere della lettura. E’ un libro talmente carico, intenso e imprevedibile che dire qualsiasi altra cosa sarebbe un guaio. A mio parere è un libro da costruire, pagina dopo pagina. Niente è lasciato al caso, alla fine tutto avrà un senso.
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⭐⭐⭐⭐
–Elaysa–
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