Buonasera Viaggiatori!
Sto scrivendo questa recensione a caldo, nel momento immediatamente successivo alla chiusura dell’ultima pagina del thriller che mi ha tenuta compagnia nell’ultima settimana, ovvero La Baia di Kate Rhodes, edito La Corte Editore.
E’ la prima volta che lo faccio. E’ la prima volta che mi metto a scrivere subito, appena terminato il libro. Solitamente mi prendo qualche giorno per elaborare il tutto e poi, con calma, scrivo.
Ma questa volta no, questa volta è stato impossibile. La storia mi ha lasciato così tante emozioni che avevo paura potessero scappare, col passare dei giorni.
Credo di aver appena concluso uno dei libri migliori dell’anno. Uno dei pochi libri che non mi hanno lasciato scampo, né di giorno né, tanto meno di notte. Tante volte, nel corso di questa settimana ho fatto sogni legati alla storia che stavo leggendo.
Sognavo il mare. Le onde. Gli scogli. L’aria carica di salsedine.
Sognavo la marea che trascina il corpo di Laura. Ho sognato persino una sirena con labbra e capelli blu.
Ho sognato di essere io a dover indagare. E un attimo dopo ero io l’omicida.
Sinossi: Dopo dieci anni trascorsi a Londra nella squadra omicidi, il detective Ben Kitto decide di dare le proprie dimissioni: la sua partner, Clare, è morta e lui non riesce a darsi pace per non essere riuscito a salvarla.Decide così di rifugiarsi sull’isola di Bryher, dove è nato e cresciuto. Si tratta della più piccola isola abitata dell’arcipelago delle Scilly, a largo della Cornovaglia. Ha appena novantotto abitanti, che per la maggior parte si mantengono con la pesca, la costruzione di barche o il turismo estivo lavorando al pub o nell’unico hotel. Anche Ben vorrebbe dedicarsi insieme allo zio Ray al lavoro nel suo cantiere navale, per dimenticarsi in fretta del suo passato.Quello che non sa è che i suoi piani verranno totalmente stravolti quando il corpo della sedicenne Laura Trescothick viene trovato sulla spiaggia di Hell Bay. Il suo aggressore si trova sicuramente ancora sull’isola dato che nessun traghetto ha potuto navigare a causa di una tempesta che dura da giorni.Tutti sull’isola sono sospettati. Segreti oscuri stanno per affiorare. E l’assassino potrebbe colpire di nuovo, in qualsiasi momento.
Questa storia mi è entrata dentro. Così come Ben Kitto, anche io sentivo la necessità di scoprire la verità. Non mi sono data pace, finché non ho girato l’ultima pagina.
Anche quando smettevo di leggere, continuavo a ripensarci. A rimuginare.
Inizialmente, dopo le prime 100 pagine, avevo l’impressione che fosse tutto facile, che la soluzione fosse sotto i miei occhi.
Allo stesso tempo però, sapevo benissimo che non poteva essere tutto così facile: prima o poi sarebbe successo qualcos’altro che avrebbe fatto cambiare le sorti dell’indagine.
Ricordo di aver addirittura pensato “speriamo che non sia come sembra”.
Infatti, la sensazione era proprio quella che si fosse arrivati alla risoluzione del caso ma la suspense che si era creata attorno alla storia suggeriva che il tutto non poteva essere così scontato.
Le aspettative sono state altissime, fin da subito.
L’arcipelago delle Schilly, un’isola in mezzo al mare in tempesta.
Un cielo molto spesso grigio che sovrasta la Cornovaglia e le sue isolette.
Bryher, la più piccola isola dell’arcipelago, popolata da appena novantotto abitanti, è diventata improvvisamente lo scenario perfetto per un omicidio.
Tutti sembrano innocenti.
Allo stesso tempo però, tutti potrebbero essere colpevoli. Molti di loro custodiscono dei segreti e questo non fa che insospettire l’investigatore e la sua squadra.
Un mistero che si infittisce, pagina dopo pagina.
Un assassino che sembra mandare segnali.
Che volere di più?
A mio parere, l’ambientazione ha fatto la parte del leone in questo romanzo. Non che i personaggi non siano stati validi, anzi tutt’altro. Ma, pensandoci a posteriori, la forza della storia sta proprio nel suo essere ambientata nell’arcipelago.
Inoltre, l’ho trovato anche uno scenario originale. Un’atmosfera del genere però, per un autore, può rivelarsi un’arma a doppio taglio. E’ relativamente facile creare un’ambientazione coinvolgente all’inizio, ma poi bisogna saperla mantenere per tutto il romanzo e la nostra Rhodes ci è riuscita egregiamente.
L’autrice ci ha presentato una storia ben strutturata con ambientazioni e personaggi molto credibili. Tanti colpi di scena: quando sembrava che le cose si stessero volgendo al termine, ecco che succedeva sempre qualcosa che cambiava le carte in tavola.
Parlando dei personaggi, in primo luogo ci tengo a fare un’osservazione.
Da lettrice, ho apprezzato molto che la storia fosse ambientata in un luogo abbastanza raccolto. L’immediata conseguenza è la presenza di un numero limitato di personaggi rilevanti che, ovviamente, ricorrono. Questo mi ha facilitata moltissimo e mi ha permesso di non confondere mai un isolano con l’altro anche grazie alla caratterizzazione dei personaggi stessi.
L’ autrice è infatti stata capace di farmi incontrare un personaggio dopo l’altro donando ad ognuno una caratteristica peculiare, identificativa.
Inoltre, altro punto a favore è l’intreccio creato dai rapporti tra i personaggi, abitanti dell’isola, compreso Ben Kitto, nativo di Bryher.
Apparentemente si tratta di un aspetto poco rilevante che però assumerà un grande spessore nel momento in cui Ben si troverà a sospettare di chi conosce da una vita intera.
Intanto i segreti aumentano.
Le ombre si infittiscono e, pagina dopo pagina, il lettore viene trascinato come se si trovasse anche lui in balia delle onde.
Unica pecca del romanzo: i troppi refusi. Non posso dire che abbiano disturbato la mia lettura ma credo che in un romanzo di simile livello non dovrebbero esserci.
Infine, a livello di traduzione ho riscontrato qualche incongruenza.
Chiarisco subito che non ho letto il testo in lingua originale ma, nella versione italiana, ci sono alcune frasi che, da madrelingua italiana (e traduttrice), mi hanno fatto storcere il naso.
⭐⭐⭐ ⭐ .5/5
–Elaysa–
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