Ehi tu, leggi l’incipit! 📖

Buongiorno Viaggiatori!

Oggi più che mai è importante selezionare le notizie che si leggono, dare loro un peso adeguato all’attendibilità della testata giornalistica.
Siamo costantemente bombardati da notizie, vere e false, senza possibilità di comprendere fino a che punto esse facciano parte della prima o della seconda categoria.
Semplicemente, sta a noi. Dobbiamo essere intelligenti se non vogliamo sviluppare una vera e propria ossessione nei confronti delle notizie, dei bollettini e di tutti quei bilanci che ogni giorno sentiamo alla tv.
Per tutti questi motivi, stamattina ho deciso di proporvi l’incipit di questo saggio edito Il Saggiatore. Fino al 10 maggio lo potete trovare in tutti gli store online a € 1,99.

Titolo: Smetti di leggere notizie. Come sfuggire all’eccesso di informazioni e liberare la mente
Autore: Rolf Dobelli
Tratto da: Dieta di notizie, la mia ricetta. Parte 1


«Ciao, mi chiamo Rolf e sono un drogato, un drogato di notizie.»
Se ci fossero dei gruppi di autoaiuto per la dipendenza da news, tipo quelli per gli alcolisti, mi sarei seduto in cerchio pronunciando questa frase e sperando nella comprensione dei presenti. Era più di dieci anni fa.
Tutto era cominciato in modo assolutamente normale. Nato in una splendida famiglia della classe media, sono cresciuto con la routine che vi sarà ben nota, se anche voi siete stati ragazzi negli anni settanta. Nei giorni feriali, alle 6:30 del mattino sentivo il postino infilare il giornale nella cassetta delle lettere. Poco dopo, mia madre socchiudeva la porta di casa – uno spiraglio – ed estraeva il quotidiano con un abile movimento della mano, senza dover neanche mettere il naso fuori. Andando in cucina divideva il giornale in due parti, ne allungava una a mio padre (decideva lei, quale) e teneva per sé l’altra. Mentre facevamo colazione tutti insieme, i nostri genitori sfogliavano il giornale, si scambiavano le due parti, e riprendevano a sfogliare. Alle sette ascoltavamo il notiziario della radio svizzera Dsr. Poco dopo mio padre andava al lavoro e noi bambini a scuola. Alle dodici la famiglia si riuniva per pranzo. Dopo aver mangiato, alle dodici e trenta, bisognava stare in silenzio: era il momento de radiogiornale. Lo stesso la sera, alle diciotto e trenta. Alle diciannove e trenta, poi, il culmine della serata: il telegiornale della tv svizzera.

Le notizie erano una presenza costante nella mia vita, come l’Ovomaltina a colazione. Eppure, già allora. avevo la sensazione che qualcosa non andasse. Mi stupiva che ogni giorno il quotidiano fosse ugualmente voluminoso e strutturato allo stesso modo. Il giornale locale a cui i miei genitori erano abbonati era costituito da una sezione Esteri di una pagina, una sezione economica di una pagina, una parte dedicata alla città di Lucerna, sempre di due pagine e così via. Non aveva alcuna importanza se il giorno prima fossero successe molte cose o meno. All’epoca, in Svizzera, non c’erano ancora giornali domenicali. Eppure l’edizione del lunedì aveva la stessa consistenza (trentasei pagine), sebbene contenesse le notizie di due giorni, sabato e domenica. A me sembrava strano. Questo, però, non valeva solo per la carta stampata. Anche il telegiornale aveva sempre la stessa durata. Lo trovavo curioso. Mi pareva ci fosse un’unica spiegazione possibile: quel che in un giorno privo di particolari eventi è considerato importante e viene incluso nelle cronache, in un altro giorno, zeppo di avvenimenti, apparirà per forza di cose irrilevante.
“Non può essere diversamente” pensavo – e la faccenda si chiudeva lì.

Con il passare del tempo sono diventato un insaziabile lettore di giornali.
A diciassette anni, questa brama di notizie dal vasto mondo ha raggiunto il proprio culmine. Sfogliavo qualsiasi giornale mi capitasse tra le mani, dalla prima all’ultima pagina, tralasciando solo quelle sportive. Mentre i miei coetanei passavano il loro tempo nel bosco con gli amici, a giocare a calcio, a far volare modellini di aerei o con le ragazze, io me ne stavo per interi sabato nella sala di lettura della biblioteca di Lucerna. I giornali erano inseriti in un bastone fermapagine, di legno, in modo che non si smembrassero e che li si potesse appendere a un gancio. La maggior parte dei quotidiani, allora, erano così grandi e voluminosi, e il bastone così lungo e pesante, che il poso se ci si sedeva su una delle poltroncine della sala, dopo pochi minuti cominciava a far male. Così, io mi sistemavo a uno degli ampi tavoli e giravo le pagine come un prete sfoglia una Bibbia deposta sull’altare – se non fosse che io, di tanto in tanto, dovevo alzarmi e chinarmi sul tavolo per andare a leggere gli articoli in prossimità del lontanissimo margine superiore.

Elaysa

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