Buongiorno Viaggiatori!
Nel fine settimana che è appena trascorso, mi sono dedicata al libro che stavo leggendo per terminarlo ieri sera.
E, udite udite…oggi sono già pronta con la nuova lettura!
Incredibilmente ho avuto modo di riflettere sulla mia prossima destinazione e sono arrivata abbastanza in fretta a prendere una decisione.
Di conseguenza, stamattina non poteva mancare l’articolo dedicato all’incipit del libro che andrò a leggere. Si tratta di un romanzo breve di Diego De Silva, autore di cui non ho mai letto nulla quindi sono molto curiosa!

Titolo: La donna di scorta
Autore: Diego De Silva
Tratto da: I
E’ curioso il modo che ha il destino di venire sotto forma di tempo. Anzi lo sarebbe, se non fosse che ce l’ha per vizio. Se uno, al momento del fatto che gli cambia la vita, buttasse l’occhi all’orologio, vedrebbe le lancette che ripartono da uno zero fatto apposta per lui. Una risposta, una notizia, un incontro, un certo particolare squillo del telefono, arrivano con l’anteprima. Si fanno vedere e scappano in avanti, mostrando la sequenza fin dove l’occhio la segue. Tutto il futuro non lo conosciamo. Quello più in là soprattutto. Ma il primo sì. Lo vediamo benissimo.
Livio e Dorina si erano incontrati per strada. Una strada centrale secondaria, di quelle che la città tiene in bassa considerazione. Di quelle che, anche se ci abiti vicino da vent’anni hai sempre fatto per andare da un’altra parte. Coi negozi che vorrebbero. dove pure le cose di marca sanno di imitazione. Le assicurazioni che si chiamano col cognome del titolare dell’agenzia.
Dove si cammina con una fretta non proprio necessaria, quella fissità impaziente in cui se incontri qualcuno che conosci ci metti un poco a ricordartelo, e lo sforzo di memoria ti disturba.
A maggior ragione, se alla fine di questa storia si andasse a chiedere a qualcuno che quella mattina si trovava a passare di là, se avrebbe mai sospettato che quei due estranei, solamente guardandosi, si sarebbero immediatamente riconosciuti in un futuro comune, ci si sentirebbe rispondere il più posato dei no.
E dire che le loro vite, a passarci davanti, potevano andare. Fatte di lavoro, di mutui, case, mobili, libri, quadri, vestiti e tutte le cose che messe insieme diventano le persone. Due sistemi composti in maniera simile e per le stesse ragioni (in fondo che può esserci di così interessante in un altro, se anche lui fa o cerca un lavoro con cui comprarsi dei vestiti e pagarsi il mutuo per una casa, per poi metterci dei mobili, dei quadri, dei libri?) che da un giorno all’altro, su un marciapiede intasato di gente, avrebbero tradito e rovinato qualsiasi cosa avesse soltanto provato a trattenerli dal darsi a quell’estraneo per cui non sentivano che il desiderio di intromettersi nel suo sistema esistenziale del tutto simile al proprio, e quindi conoscere il suo letto, la sua casa, i suoi mobili, i suoi libri, i suoi quadri, i suoi vestiti. Qualunque prezzo sarebbe stato all’altezza di quel valore, qualsiasi rinuncia pur di averlo e sapere chi era, da dove veniva e come andava a finire. E tutto il resto vada pure al più totale sfascio, che sarà mai se mi rovino e mi trascino appresso quel poco che di buono ho fatto, questa eventualità adesso mi è innocua, la vedo ma non mi ferma, e poi mica me la sono cercata, no, ho rinunciato anche troppo adesso basta, chi ci deve capitare ci capiti, purché si cominci subito.
Succede continuamente. Ogni giorno, in ogni parte del mondo qualche milione di persone dice al milione che ha appena incontrato: Non so perché sto raccontando tutte queste cose proprio a te, che ti conosco appena. E invece sa benissimo quello che fa.
Viviamo nell’attesa permanente di un estraneo a cui consegnarci mani e piedi. A cui saremmo capaci di sacrificare gli affetti più cari, se necessario. Anche quando siamo in malafede. Anche se sappiamo benissimo che al momento opportuno ci tireremo indietro attaccandoci alla più ignobile delle scuse. Conta, però. il momento in cui siamo disposti a tutto. E tutto significa, papale papale, tutto.
–Elaysa–
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