Buon pomeriggio Viaggiatori!
Alla fine ho ceduto.
Ieri ho sentito il richiamo di uno dei libri acquistati recentemente ovvero Venivamo tutte per mare di Julie Otsuka.
Non ho resistito. Ho iniziato e terminato il libro.
Ve ne parlerò presto spero. Intanto oggi vi propongo l’incipit.
Vi lascio il libro linkato ad Amazon con cui sono affiliata. Cliccando sul link potete leggere la sinossi del romanzo.
Intenso. Particolare. Doloroso.

Titolo: Venivamo tutte per mare
Autore: Julie Otsuka
Tratto da: Venite, giapponesi!
Sulla nave eravamo quasi tutte vergini. Avevamo i capelli lunghi e neri e i piedi piatti e larghi, e non eravamo molto alte. Alcune di noi erano cresciute solo a pappa di riso e avevano le gambe un po’ storte, alcune di noi avevano appena quattordici anni ed erano ancora bambine. Alcune di noi venivamo dalla città e portavano abiti cittadini all’ultima moda, ma molte di più venivano dalla campagna, e sulla nave portavano gli stessi vecchi kimono che avevano portato per anni – indumenti sbiaditi smessi dalle nostre sorelle, rammendati e tinti più volte. Alcune di noi venivano dalle montagne e non avevano mai visto il mare, tranne che in fotografia, e alcune di noi erano figlie di pescatori che conoscevano il mare da sempre. Forse il mare ci aveva portato via un fratello, un padre o un fidanzato, o forse un triste mattino una persona cara si era buttata in acqua e si era allontanata a nuoto, e adesso anche per noi era arrivato il momento di voltare pagina.
Sulla nave per prima cosa- prima di decidere chi ci piaceva e chi no, prima di raccontarci a vicenda da quale isola venivamo e perché eravamo partite, e anche prima di impegnarci a imparare i nomi delle altre – confrontammo le fotografie dei nostri mariti. Erano bei giovanotti con gli occhi scuri, i capelli folti e la pelle liscia e perfetta. Avevano il mento forte. Un bel portamento. Il naso dritto e pronunciato. Somigliavano ai nostri fratelli e padri rimasti a casa, però erano vestiti meglio, con redingote grigie ed eleganti, completi tre pezzi, all’occidentale. Alcuni di loro erano in posa sul marciapiede, davanti a case di legno dal tetto spiovente con lo steccato bianco e il praticello ben curato, e alcuni nel vialetto d’accesso, appoggiati a una Ford Model T. Alcuni sedevano su una sedia dall’alto schienale rigido nello studio del fotografo, le mani giunte con compostezza e lo sguardo fisso nell’obiettivo come se fossero pronti a sfidare il mondo. Tutti quanti avevano promesso di venire a prenderci a San Francisco, il giorno del nostro arrivo al porto.
Sulla nave ci chiedevamo spesso: ci piaceranno? Li ameremo? Li riconosceremo dalle foto, quando li vedremo per la prima volta sul molo?
–Elaysa–
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