(AS)SAGGIO 🖋 10 – La rete non ci salverà

Buon pomeriggio Viaggiatori!

Oggi inizia ufficialmente il recupero delle recensioni e degli articoli arretrati che mi porto dietro dalla fine del 2022. Lo so, ho tardato come mai prima ma ho avuto la testa occupata da altri pensieri che non mi hanno permesso di prendermi il tempo per sedermi alla scrivania e scrivere in questo spazio.
Se mi conoscete, sapete che mi piace dedicare la giusta attenzione al blog e quando capisco di non averne, preferisco prendermi una pausa.

Ma bando alle chiacchiere, è tempo di ricominciare a parlare seriamente di libri e di letture.
Oggi in particolare ritorna la rubrica dedicata ai saggi che, ho scoperto, essere in pausa da tanto, troppo tempo.

Il saggio di cui vi voglio parlare oggi è La rete non ci salverà. Perché la rivoluzione digitale è sessista (e come resistere) di Lilia Giugni, edito Longanesi, una delle ultime letture del 2021 che, purtroppo, si è aggiudicata il podio dei libri mediocri letti durante l’anno.
Nonostante non mi abbia fatto impazzire, voglio comunque parlarvene perché è giusto dare spazio anche a quei libri che non ci sono piaciuti e spiegare il motivo di questo giudizio.

La rivoluzione digitale è uno dei fenomeni più significativi degli ultimi 30 anni, ma in tutto il pianeta milioni di donne ne pagano caro il prezzo. Alcune vengono violate con l’ausilio di nuove tecnologie. Altre sono sfruttate mentre le producono. Altre ancora non hanno accesso a Internet, ma subiscono stupri brutali in guerre per il controllo dei minerali che fanno funzionare i nostri tablet.
Chi guadagna davvero dall’abbraccio stritolante di patriarcato e capitalismo digitale?
E come liberarsene?

Inizio col dire che, nel complesso, è un saggio ricco di spunti di riflessione, un’analisi sociologica accurata che attraversa i confini di diversi Paesi in giro per il mondo e riesce a far luce su questioni fondamentali della nostra epoca quali: la lotta per la giustizia di genere, la violenza di genere, lo sfruttamento e, più in generale, la disuguaglianza di genere.

Il punto di partenza dell’analisi non è niente di nuovo, almeno all’apparenza: si parla infatti di tecnologia, o meglio, di rivoluzione digitale, un tema già dibattuto in lungo e in largo nel corso degli ultimi decenni. Tuttavia, non si tratta della solita disamina sulla tecnologia, ormai trita e ritrita. Qui infatti l’autrice offre uno sguardo innovativo sul tema affrontandolo in chiave femminista. Ciò significa che non ci si interroga più sull’importanza, ormai evidente, che la tecnologia assume nella nostra quotidianità, quanto sugli aspetti sociologici che stanno alla base della suddetta rivoluzione digitale e sulle conseguenze, positive e negative, che questa riversa sulla società ma soprattutto sulle donne, una fetta di popolazione che spesso subisce gli effetti negativi dei cambiamenti.

Da studiosa, ricercatrice e femminista, Lilia Giugni si sofferma da un lato, sul ruolo delle donne all’interno della società, valorizzando la loro figura sottolineandone la presenza in contesti solitamente considerati appannaggio esclusivo dei maschi come ad esempio il settore medico, politico e, non ultimo, quello del tech; dall’altro lato però ci rende partecipi della discriminazione di genere che viene continuamente perpetrata negli stessi contesti.

Non siamo difronte ad un testo che condanna ad occhi chiusi la tecnologia come strumento di violenza a priori ma, sottolinea come piattaforme social e web in generale siano sempre più un luogo in cui la cattiveria umana si condensa al punto che virtuale e reale, diventati ormai indistinguibili, danno vita ad una spirale di violenza che non lascia scampo.

Il discorso viene quindi amplificato arrivando a trattare il tema dei diritti umani e di quante volte questi, all’interno del web, vengano violati. L’esempio più lampante in questo senso è il fenomeno della pornografia non consensuale per il quale milioni di donne vedono le loro foto private diventare di dominio pubblico senza consenso. Tutto ciò succede a dispetto delle norme che le varie piattaforme dichiarano di applicare.

Attraverso le testimonianze raccolte dall’autrice, il lettore viene messo al corrente del funzionamento interno di alcune delle piattaforme più utilizzate nella nostra epoca quali ad esempio Uber o, più banalmente, motori di ricerca come Google. Ci si muove quindi tra storie personali e aziendali che si compenetrano portando con sé nuove consapevolezze riguardanti le dinamiche proprie dell’azienda in questione soprattutto per quanto riguarda le varie normative digitali messe in atto, almeno in teoria, a protezione di utenti e dipendenti.
Come sappiamo però, spesso le apparenze ingannano e anche questo caso non fa eccezione.
Ciò che emerge dalle indagini dell’autrice infatti, è una grossa falla nel sistema della protezione dei diritti dei dipendenti, soprattutto se si tratta di donne costantemente molestate, minacciate e sfruttate dagli stessi soggetti che dovrebbero tutelare gli utenti delle loro piattaforme social.
Insomma, un sistema in cortocircuito questo che non fa che alimentare una cultura della violenza di stampo patriarcale.

Personalmente, ho apprezzato molto la presenza cospicua delle testimonianze utilizzate per avvicinare il lettore in maniera più efficace rispetto alla mera analisi statistica fatta di numeri e nomi, spesso impronunciabili, di aziende oltreoceano. Senza dubbio, si tratta di un saggio fondato su argomentazioni molto solide altrettanto valide.

Dal punto di vista delle tematiche quindi, questo saggio prometteva davvero bene ma, la sua effettiva realizzazione non mi ha convinto appieno.

Innanzitutto, ho trovato alcune parti estremamente ripetitive soprattutto nella seconda parte del saggio che, appunto, è quasi una ripetizione di concetti già espressi. Di conseguenza, non ho apprezzato la lunghezza del libro che avrebbe potuto essere snellito togliendo ciò che viene ripetuto. Insomma, con 100 pagine in meno sarebbe stato ugualmente esaustivo e di gran lunga più godibile.

Altrettanto fastidioso, a mio avviso, è il continuo rimando a parti precedenti del testo. Un saggio scritto bene dovrebbe essere in grado di creare una rete di connessioni implicite alle varie sezioni del libro senza dover sempre esplicitare questo collegamento. Un aspetto questo riconducibile all’utilizzo di uno stile troppo informale da parte dell’autrice che si rivolge direttamente al lettore.

A proposito di questo, mi sento di “condannare” un linguaggio così tanto informale: anche se di stampo divulgativo, si tratta pur sempre di un saggio e lo stile dovrebbe essere all’altezza della serietà delle tematiche trattate. Diciamo che l’autorevolezza viene un po’ a mancare.
In generale, ho trovato lo stile di scrittura poco adatto al tipo di testo.

Menzione speciale, in negativo ovviamente, è l’uso spropositato delle virgolette alte doppie anche quando l’uso nella lingua italiana non lo prevede; un uso sbagliato del corsivo, utilizzato ad esempio anche per parole straniere ormai entrate nell’uso comune. A tutto ciò aggiungiamo anche un’eccessiva quantità di termini inglesi anche quando esiste, in italiano, un corrispettivo e una sintassi tipicamente inglese nella costruzione dei vari paragrafi.
Molti di questi difetti sono da attribuire alla residenza dell’autrice che, appunto, vive da tanti anni nel Regno Unito e sarà ormai, credo, disabituata alla lingua italiana. Mi permetto però di dire che la scelta di vita personale non deve in alcun modo inficiare la qualità del proprio lavoro. Insomma, non è una scusante.

Infine, da traduttrice posso affermare con serenità che ho trovato fastidiosissima l’innumerevole quantità di calchi dall’inglese che, a mio avviso, rendono poco scorrevole la lettura, oltre che poco credibile il contenuto del testo.

CONSIGLIATO SE:

🔹 volete indagare il tema della rivoluzione tecnologica in maniera diversa da quanto fatto finora;

🔹 siete alla ricerca di un saggio di stampo femminista;

🔹 volete conoscere/approfondire il ruolo delle donne, utenti e lavoratrici, nel settore tech;

🔹 non soffrite particolarmente uno stile troppo informale;

In chiusura, ci tengo a ripetere quanto sia prezioso questo saggio per le tematiche trattate.
Nonostante la mia valutazione resti tiepida per i motivi che vi ho elencato, credo che la società avesse bisogno di un testo simile per poter comprendere meglio le criticità che stanno dietro al magico mondo digitale.

Elisa

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