Buon pomeriggio Viaggiatori!
Marzo è iniziato a bomba con la lettura di Grandi speranze di Charles Dickens per la seconda tappa del GDL dedicato ai mattoni inglesi.
Ho divorato le prime 100 pagine e stamattina sono qui, come sempre, per proporvi l’incipit di questo grande classico.

Titolo: Grandi speranze
Autore: Charles Dickens
Il mio cognome era Pirrip, il nome Philip – il mio linguaggio infantile non seppe foggiare con i due nomi nulla di più lungo o più chiaro di Pip. Così, presi a chiamarmi Pip, e il nome mi rimase.
Che Pirrip fosse il cognome di mio padre, lo affermo in base alla sua pietra sepolcrale ed a mia sorella – la signora Gragery, moglie di un fabbro. Poiché non vidi mai né mio padre né mia madre, né alcun loro ritratto (essi vissero assai prima dell’era della fotografia), le mie prime supposizioni sul loro aspetto derivarono, per strano che possa sembrare, proprio dalle loro pietre sepolcrali. La forma delle lettere su quella di mio padre mi suggerì la strana idea che egli fosse un tipo tarchiato, corpulento, con i capelli neri e ricciuti. Dai caratteri e dallo stile dell’iscrizione “Ed inoltre Georgiana, moglie del suddetto”, trassi la conclusione infantile che mia madre fosse lentigginosa e malaticcia. A cinque piccole losanghe di pietra, ciascuna lunga circa cinquanta centimetri, disposte in fila regolare accanto alla loro tomba, e consacrate alla memoria di cinque miei fratellini – che rinunziarono troppo presto a far la loro parte nella grande lotta per l’esistenza, – devo la convinzione, serbata religiosamente, che tutti quanti fossero nati supini, con le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni, e che non le avessero mai tirate fuori nella loro esistenza quaggiù.
[…]
Fu allora che scopersi che quel lugubre posto invaso da ortiche era il cimitero, e che il fu Philip Pirrip, “defunto di questa parrocchia”, come pure “Georgiana, moglie del suddetto”, erano morti e seppelliti, e che Alexander, Bartholomewo, Abraham, Tobias e Roger, figli del suddetto erano egualmente morti e seppelliti; e che la piatta e buia distesa oltre il cimitero, intersecata da canali, monticelli di terra e barriere, dove qua e là pascolavano pochi animali, era la palude; e che la bassa linea plumbea al di là era il fiume, e la lontana zona selvaggia, da cui il vento soffiava violento, era il mare, e che quel fagottello scosso da brividi, sempre più spaventato e ormai in lacrime, era Pip.
–Elisa–
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